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Pandolce Genovese

Il dolce natalizio per antonomasia a Genova, dall'aspetto ruvido ma dal contenuto sostanzioso come il carattere dei Liguri.

E' antichissima la tradizione di arricchire il pane con lo zibibbo, infatti è storicamente provato che questo uso fose già noto presso gli Egizi. Gli ingredienti fanno presupporre innegabili origini dal mondo arabo: i mercanti genovesi devono averlo conosciuto e tramandato a seguito dei loro lunghi viaggi. La ricetta, nei secoli, fu poi variata ed arricchita.

Caratteristiche
Pane dolce a forma circolare con un diametro variabile tra i 25/30 cm e spessore variabile dai 10/15 cm al centro e degradante ai lati. Interno farcito di pinoli, uvetta, canditi a pezzetti, finocchietto, pistacchi frantumati.

Preparazione
Ingredienti: 4 kg di farina,200 g di lievito, 50 g di finocchio dolce, 75 g di pinoli, 75 g di pistacchi ben mondati, 100 g d’uva passa, 100 g di canditi tagliuzzati a pezzettini, 600 g di burro, 1 cucchiaio di acqua di fior d’arancio, 1 kg di zucchero.

Lavorazione
Prendere i 4 chili di farina, separarne uno e impastarlo con il lievito che abbia almeno 24 ore e tanta acqua tiepida che basti a formare un pane di pasta piuttosto soda; fasciare quindi con un panno, e lasciare lievitare 18 ore; se d'estate mettetelo frammezzo ai tre kg di farina, versando acqua tiepida per rendere la pasta soffice; unire un bicchiere e mezzo di vino tipo Marsala, il burro ammorbidito, un cucchiaio d’acqua di fior d'arancio e lo zucchero spolverizzato. Impastare il tutto, unendo man mano gli altri ingredienti; formare più pani e metterli a lievitare per 12 ore; fasciare all’intorno con un tovagliolo. Terminata la lievitazione togliere il tovagliolo ed incidere un triangolo in cima alla pasta, cuocere in forno a 180° per circa un'ora.

Curiosità
C'era un tempo in cui sarebbe sembrato blasfemo non cucinare in casa il pandolce per il giorno del Natale: ogni massaia conservava gelosamente la sua ricetta più o meno segreta ma in tutte spiccava la notevole abbondanza di ingredienti ricercati e preziosi. La preparazione di questo dolce era frutto di cura ed amore e c'era addirittura chi, per garantire un'ottima lievitazione, lo portasse a letto e lo ponesse accanto, all'ormai dimenticato "praeve" attrezzo necessario per sollevare le lenzuola attorno allo scaldino.
Un rito accompagnava l'arrivo del pandolce alla fine del desco natalizio come ultimo coronamento di un pranzo speciale. Era il più giovane della famiglia a portarlo in tavola adorno di un rametto di alloro ed era il più anziano a tagliarlo. Una fetta veniva tenuta per i poveri ed una gelosamente conservata per il giorno di San Biagio da sbocconcellare per proteggersi la gola.


(foto di PR Antola)
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